Oggi apre i battenti al sessantanovesima edizione del Festival di Venezia con cerimonia e film d’apertura programmati per stasera a partire dallae ore 19.00. Nel tardo pomeriggio però verrà proiettato il primo film italiano fuori concorso della rassegna, si tratta del documentario Medici con l’Africa di Carlo Mazzacurati (La giusta distanza) di cui vi parliamo subito dopo il salto.
La sinossi ufficiale:
Il film inizia nella sede storica di Medici con l’Africa Cuamm (Collegio universitario aspiranti e medici missionari), nel centro di Padova. Don Dante Carraro è un sacerdote. È anche cardiologo, e da quattro anni è il direttore del Cuamm. Insieme a lui un altro sacerdote, più anziano: don Luigi Mazzucato, direttore dal 1955 al 2008, e per niente pensionato. Don Dante spiega perché hanno deciso di chiamarsi Medici CON l’Africa. Perché da sempre, agiscono insieme alle istituzioni sanitarie africane. Il loro compito è duplice: gestire strutture sanitarie disperse nell’immenso territorio sub-sahariano, ma soprattutto, creare percorsi di crescita, anche a livello universitario, in grado di formare sul campo nuove generazioni di medici africani. Un lavoro enorme, che il documentario presenta con un asciutto reportage girato in Africa, lasciando la parola a medici e pazienti, ad adulti e bambini. Numerosi medici raccontano le loro esperienze, i loro entusiasmi e i loro fallimenti. Incontriamo anche alcuni giovani africani che si sono formati nelle aule della facoltà di medicina supportata dal Cuamm. Uno di loro, vicino alla laurea in Medicina, è cresciuto in un orfanotrofio gestito da una straordinaria suora africana, “madre” di centinaia di bambini abbandonati al loro destino.
Carlo Mazzacurati parla del progetto:
È stato un lavoro realizzato in modo rapido e impulsivo, senza nessuna strategia né prima, né durante le riprese. L’idea che ho seguito è stata quella di raccontare un mondo che non conoscevo man mano che lo scoprivo, in tempo reale. Il film è la storia di un gruppo di persone che si occupa di portare salute in Africa e del loro modo un po’ speciale di farlo. È venuto fuori un ritratto collettivo, credo, dove ciascuna individualità è fondamentale, ma dove esiste uno spirito comune molto forte che fa convivere tenacia, capacità di sacrificio con dolcezza e anche ironia. Influenzato da questo loro stile ho cercato anch’io di fare un film “leggero” per quanto sia possibile su di una materia comunque drammatica come la questione della salute nell’Africa sub-sahariana.