Venezia 2012 giorno 9: in concorso Bellas Mariposas, evento speciale Gli anni delle immagini perdute

La Mostra del cinema di Venezia inaugura la sua nona giornata. Ieri al Lido applausi e qualche inevitabile polemica per il drammatico Bella Addormentata di Marco Bellocchio che esplora attrverso una serie di storie il tema dell’eutranasia e il tristemente celebre caso di Emanuela Englaro.

Oggi per il cinema italiano in cartellone alla Mostra, la sezione Orizzonti schiera in concorso Bellas Mariposas diretto da Salvatore Mereu e con Micaela Ramazzotti, mentre per la sezione Venezia classici proiezione per Gli anni delle immagini perdute documentario di Adolfo Conti dedicato al regista Valerio Zurlini (Il deserto dei Tartari) scomparso nel 1982.

BELLAS MARIPOSAS con Sara Podda, Maya Mulas, Micaela Ramazzotti

3 agosto, Cagliari, quartiere popolare. Alle tre di notte, Cate, undicenne, viene svegliata dalle grida di una stravagante condomina. Cate vorrebbe fuggire da quella casa, dai numerosi e problematici fratelli, dal padre tiranno. Solo Gigi, vicino di casa, merita il suo amore. Lei non vuole finire come sua sorella Mandarina, rimasta incinta a tredici anni. O come Samantha, ragazza desiderio e oggetto del quartiere. E oggi, 3 agosto, la vita di Gigi è in pericolo: Tonio, fratello di Cate, lo vuole uccidere. Cate corre ad avvisare Luna, la sua migliore amica. Le due trascorrono il giorno più lungo della loro vita tra la città, il mare e mille avventure. Ma il suo Gigi è in pericolo. E quando ormai tutto sembra perduto, durante la notte compare dal nulla una bellissima donna: la coga Aleni, una strega che sembra saper leggere il futuro delle persone…

Quando lessi per la prima volta Bellas Mariposas ne rimasi abbagliato. Tanto dalla trama, lieve e terribile, e dalle modalità con cui essa si dipana, quanto dalla forma, musicale e inusitata, soprattutto nell’adozione spregiudicata della lingua del luogo. Nella letteratura sarda, mi pare, mai tanta grazia e tanta leggerezza si erano coniugate ad accadimenti anche drammatici. Ogni più piccolo episodio della giornata mirabile di Cate e di Luna anche quando sarebbe meritevole, nelle mani di altri, della peggior cronaca, è sempre stemperato da un’ironia sottile e da una capacità di sorridere di se stessi rara nella nostra letteratura e nel nostro vissuto almeno quanto l’intrusione continua della lingua parlata in quella scritta. Atzeni può essere considerato, a buon diritto, l’apripista, il padre della nuova letteratura isolana, per esplicita ammissione anche di coloro che lo hanno succeduto e a cui hanno manifestato dichiaratamente di ispirarsi. Eppure qui sta il paradosso, l’errore più grande: quello di trattare Bellas Mariposas e Sergio Atzeni solo come una faccenda isolana da dibattere tra conterranei. Le “Zazie” di Atzeni (che si aggirano nella città di Cagliari come quella di Queneau faceva a Parigi) potrebbero avere ugualmente vita allo Zen di Palermo, a Scampia, o nelle periferie di Caracas.(Salvatore Mereu)

GLI ANNI DELLE IMMAGINI PERDUTE

Gli anni delle immagini perdute delinea il ritratto di Valerio Zurlini, scomparso nell’ottobre 1982, poche settimane dopo aver partecipato come giurato alla 50. Mostra del Cinema di Venezia. Zurlini sapeva di essere malato e aveva dedicato gli ultimi mesi di vita alla scrittura del proprio testamento spirituale, che uscirà postumo con il titolo Gli anni delle immagini perdute. Un bilancio esistenziale spietato, il racconto di un mondo che cambia in modo irreversibile, un appello struggente in difesa del cinema d’autore. Il regista ripercorre gli episodi più importanti della propria vita, indica le ragioni del suo cinema, ricorda gli artisti che l’hanno formato. Soprattutto: denuncia le “immagini perdute”, i tanti film cioè che egli scrisse e preparò senza riuscire a portarli a compimento. Gli anni delle immagini perdute torna nei luoghi in cui il regista amava ritirarsi, raccoglie le testimonianze di amici e collaboratori, ripropone il repertorio di interviste e conversazioni del regista, nel tentativo di capire le cause di questo forzato e fatale “silenzio” produttivo.

Valerio Zurlini è stato un protagonista discreto, per usare le parole di Pratolini. Eppure difficilmente si incontra un artista che decida di raccontarsi con tanta onestà, nel momento più difficile, al culmine della propria crisi. Questo fa la differenza, questo è il cuore del film.(Adolfo Conti)

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