Tutto parla di te, ermetico e drammatico

Da domani nelle sale Tutto parla di te, terzo lungometraggio per la regista milanese Alina Marazzi che, nella pellicola, fa una sorta di sunto delle opere precedenti mantenendo come fulcro centrale della narrazione la maternità.

C’è Un’ora sola ti vorrei, il suo primo film che ricompone sullo schermo la mancanza della figura materna, e c’è anche Vogliamo anche le rose

 

Protagoniste di Tutto parla di te sono Pauline (Charlotte Rampling), donna che dopo un lungo periodo di assenza torna a Torino e inizia a frequentare il centro per la maternità, e Emma (Elena Radonicich), giovane ballerina che non riesce a gestire il suo nuovo ruolo di madre.

Tra le due donne, che condividono lo stesso malessere, si instaura un rapporto di fiducia, o perlomeno di confidenza, che porterà le donne a comprendere ed affrontare la loro sofferenza.

Tutto parla di te è un film che porta lo spettatore a riflettere, ma la cui visione non è facile, non per l’argomento trattato, ma per la commistione di linguaggi narrativi dei quali si serve la regista per indagare tanto la realtà dei fatti quanto l’inconscio delle protagoniste: documentario, fiction, video Super 8, fotografie e stop motion.

Una commistione di generi che, se da un lato potrebbe essere un modo per arricchire la narrazione, in Tutto parla di te mancano della coerenza e dell’unità necessaria a mantenere fluida la narrazione che diviene troppo ermetica e ambigua, rischiando così, per lo spettatore meno accorto e meno pronto a indagare nel profondo che il messaggio di dolore, quanto di speranza, non venga colto.

Ma Tutto parla di te non può, per questo, essere facilmente stroncato, è una pellicola importante che mette in luce un disagio che troppo spesso rimane muto e incompreso, se non addirittura negato.

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