Emanuele Crialese parla di Terraferma, il film prodotto da Cattleya con Rai Cinema che farà parte della sezione ufficiale del Festival di Venezia 2011, in un’intervista rilasciata a Il Corriere della sera. Il regista spiega la storia e la genesi del film:
Giulietta, un’isolana (Donatella Finocchiaro) ha perso il marito in mare. Sara, una giovane africana, è arrivata fin lì dal mare. Entrambe vogliono la stessa cosa: evolversi, assicurare un futuro migliore ai loro figli. Per Timnit, che interpreta Sara, la sua vera storia. La sua foto l’ho vista su un giornale. La cronaca di uno dei tanti barconi della disperazione. Tre settimane alla deriva, 70 persone a bordo. Tutti morti tranne cinque. Tra questi una sola donna. Lei. Il suo volto mi si imprime dentro. Voglio vederla con i miei occhi questa donna che ha attraversato il mare, ha rischiato la vita per scrivere la sua storia. Con l’aiuto di Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che ha dato il suo patrocinio al film, riusciamo a rintracciarla. Viene da un Paese dell’Africa Centrale, ha 27 anni. Facciamo amicizia, le propongo di rielaborare insieme quello che ha vissuto. A darmi altri preziosi dati il blog di Gabriele Del Grande, Fortress Europe, memoria dei morti e dispersi in mare.
A proposito di Lampedusa, l’isola al centro del racconto, Emanuele Crialese dice:
Nel 2002 tra Linosa e Lampedusa girai Respiro. Sette anni dopo, quando sono tornato pensando al nuovo film, l’ho trovata molto diversa: il porto affollato di motovedette con cannoni e mitragliette. Un’isola militarizzata. Clandestini, extracomunitari, profughi … parole senza significato. Per me sono persone che come chiunque altro, hanno il diritto al viaggio, a cercare di migliorare la loro vita … Gran parte di chi migra fugge da morte certa o da torture. Dovremmo vederli come fratelli. Quel che fa paura è la nostra indifferenza. La nostra amnesia.