Cupo, vero e silenzioso, Senza Fiato di Raffaele Verzillo ti condanna a vivere. Agli antipodi della condanna a morte, una condizione che mette un paletto nel tuo percorso come ultimo stadio della tua esistenza, come punto di ritorno, il film affronta l’esatto contrario. Ciò che non hai scelto diventa la tua condanna: nessuno sceglie di stare al mondo e questa consapevolezza può diventare un corto circuito.
Lo sa bene Matteo (Antonio Friello), che sceglie di rifiutarsi. Corre per i campi e lungo i pensieri, e si accorge di non voler più vivere. Prova a farla finita, ma nella sua vita non ha mai avuto conferme. Le cerca, Matteo, nella sua cerchia di famigliari e conoscenti. Fa loro visita, si insinua nelle loro case e chiede loro un motivo per non suicidarsi. Le risposte saranno vaghe, tranne quella di Luciana (Francesca Neri), madre alcolizzata che da 10 anni è stata abbandonata dal marito Enrico (Antonio Milo).
Nel frattempo c’è Michele (Fortunato Cerlino), marito apprensivo di Anna (Antonia Truppo) e impiegato, che sta per diventare padre. La sua azienda sta liquidando tutti e vive ogni giorno con l’ansia di restare senza lavoro. C’è anche Livia (Giuliana Vigogna), figlia di Luciana e fidanzata di Alessio (Vincenzo Alfieri): Giuliana fa da badante alla madre che affoga il fallimento nell’alcol e sostiene Alessio, che ha un curriculum brillante ma non trova lavoro.
Nell’universo della catastrofe troviamo altri satelliti: Carla (Chiara Baffi) assiste suo padre Pietro (Nicola Di Pinto) che ha avuto un infarto, e la sua vita si consuma in quel pronto soccorso, in quell’attesa di una novità. Tanti piccoli mondi che gravitano intorno alla stella nera della disperazione, al buco nero dell’incertezza.
Senza Fiato di Raffaele Verzillo è il mondo post atomico, uno scenario in cui Santa Maria Capua Vetere non è territorio di camorra, ma il teatro di un’Italia che fallisce e che fa fallire. Il bianco e nero della fotografia, i primi piani che tagliano in due il viso dei protagonisti e quella luce soffusa che troviamo negli ambienti ci mostrano tante vite senza riflettori, sotto la costante minaccia della disgrazia, della fine del tempo.
La lezione che impariamo da Senza Fiato di Raffaele Verzillo è che il colpo di scena è dietro l’angolo, ma anche il nulla: noi scegliamo la condanna a morte quando la vita sceglie per noi, uscendo di scena.