Daniele Gaglianone parla di Ruggine, il suo nuovo lavoro, prodotto da Fandango e Zaroff Film, in collaborazione con Rai Cinema, ispirato al libro di Stefano Massaron in un’intervista rilasciata a La stampa. A proposito del delicato tema trattato, la pedofilia, il regista dice:
Oggi se ne parla di più, chi subisce questo genere di violenze avverte un minor senso di colpa, si è fatta strada la convinzione che parlarne possa far bene … La nostra società è più matura, più pronta a fare i conti con certi episodi, a dar loro il giusto peso, e soprattutto ad accogliere il dolore e la solitudine delle persone che hanno subito i crimini.
Il film racconta la storia di un gruppo di bambini di una periferia di una città del nord che hanno a che fare con un dottore (Filippo Timi) che, invece di aiutarli, si approfitta di loro, e con un duplice omicidio a sfondo sessuale avvenuto nel vecchio capannone dove giocano. A trent’anni di distanza da quei fatti Sandro, Carmine e Cinzia, i protagonisti della storia, sono cresciuti, ma ancora ripensano a quei giorni. Galianone spiega che la cosa più importante nel film era:
Descrivere le ripercussioni dei fatti sulle vite dei bambini e degli adulti che sono diventati.
Cosa sono diventati i tre ragazzini? Sandro (Stefano Accorsi) è un padre separato che passa la giornata a giocare con il figlioletto di 5-6 anni; Carmine (Valerio Mastrandrea) perde tempo in un bar; Cinzia (Valeria Solarino) è un’insegnante di scuola media.
Il regista precisa che per scelta nel film non si vedrà mai quello che è accaduto ai ragazzi:
Nel film non si dice e non si vede mai cosa esattamente è accaduto. Ho evitato tutto quello che poteva apparire morboso e voyeuristico, credo ci sia una soglia che non va oltrepassata.