Come mai ogni tanto registi e artisti italiani e non solo decidono di confrontarsi con Pinocchio? E’ una domanda alla quale non è facile rispondere e che, inoltre, porta a risultati sempre diversi.
Pinocchio, è una delle pietre miliari della letteratura per ragazzi. Una storia semplice e piena di morale e buoni sentimenti, che non ha mai smesso di affascinare grandi e piccini. Il motivo sta nelle innumerevoli chiavi di lettura che si possono dare alla narrazione di Collodi, chiavi sempre diverse in base a chi legge.
Enzo D’Alò, che con il suo Pinocchio aggiunge un’altra interpretazione a quella di Comencini e di Benigni, pur seguendo molto fedelmente il racconto originale, punta la sua attenzione su una nuova personalizzazione di Geppetto, visto sia nell’età adulta che in quella dell’infanzia. Un modo per mettere sullo stesso piano il creatore e il creato, Geppetto e Pinocchio, figli entrambi di un istinto sognatore e creativo.
Un ottimo spunto che mette in discussione anche la Fata Turchina, qui vista come una bambina della stessa età di Pinocchio, quindi non una madre come in Collodi, ma una compagna e una pari del bugiardo burattino. D’Alò si concentra sull’infanzia e sulle emozioni pure e fresche che la percorrono e che non dovrebbero essere mai dimenticate nell’età adulta.
Il film si pregia del lavoro grafico di Lorenzo Mattotti e di quello musicale di Lucio Dalla, due collaborazioni che aggiungono ulteriore pregio allo spunto iniziale del film.
In fin dei conti si tratta di un ottimo lavoro, intelligente e innovativo nell’impianto narrativo, ma, purtroppo, ha qualche difetto: uno su tutti la velocità della narrazione che segue i frenetici ritmi della scoperta del mondo di Pinoccchio, lasciando allo spettatore poco tempo per sentire le sue emozioni e togliendo, di fatto, una parte del potenziale drammatico del cartoon.