In un’intervista rilasciata ieri sera 15 aprile su Radio2 il pensiero di Pierfrancesco Favino sul Coronavirus si è concentrato essenzialmente sulle sale. L’attore di Hammamet e Il traditore, come riporta anche l’Ansa, ha riflettuto sulle conseguenze del lockdown nel settore cultura. Quali sono le soluzioni per non far morire il cinema?
Girare in studio per circoscrivere il rischio. Ma avrà dei costi maggiori. Le sale, intese come cinema ma anche come teatri, saranno comunque le ultime ad aprire, e se ne parla sempre troppo poco.
In seguito l’attore ha aggiunto:
In Italia ci sono 1280 teatri e circa 300 mila persone che ci lavorano, non solo attori e registi, ma anche tutte le maestranze e i lavoratori delle strutture. Il lockdown incide molto in questo ambiente che oltre a bellezza e cultura genera anche economia. Ci piacerebbe se ne parlasse un po’ di più. Lo dico io che lavoro molto, ma mi rendo conto che ci sono anche tantissimi giovani che si stanno affacciando da poco a questo lavoro, ho una scuola a Firenze bloccata, bisogna trovare il modo di agire su questo ambiente. In queste settimane più che mai ci stiamo rendendo conto di quanto non sia un ambiente inutile: vediamo film, ascoltiamo musica, leggiamo libri. Questa è alla fine la cultura: quella libertà che ci da di poterci godere 2 ore per noi stessi, che hanno a che fare con la crescita del nostro spirito, che sono una coccola per la nostra anima.
Al poeta maledetto Charles Baudelaire, del resto, è attribuita la frase: “L’arte è la domenica della vita”. La preoccupazione di Favino sul Coronavirus, inoltre, si declina anche nella quotidianità che da marzo è stata radicalmente ridimensionata. Un ridimensionamento che inevitabilmente ha inficiato anche il tempo libero, durante il quale tutti eravamo abituati ad andare anche al cinema. Che dice Favino a tal proposito?
Io non vorrei che da questa situazione scaturisse un dimenticarsi dell’importanza della sala, di fare il gesto di uscire per la fruizione. Le sale in questo momento avrebbero l’opportunità di potersi rinnovare. Cosa cambierà? Credo che una delle risposte sarà l’architettura. Già da tempo sapevamo che l’architettura dei luoghi di condivisione era un po’ antica, da rinnovare. Questa pausa forzata potrebbe essere uno stimolo a ripensare gli spazi per quello che può essere la fruizione di oggi del cinema, del teatro, della musica.
Al pensiero di Favino sul Coronavirus si allineano, presumibilmente, altri attori e anche buona parte del pubblico: l’esperienza del lockdown, dell’isolamento e della quarantena globale hanno stimolato tanti pensieri orientati verso un rinnovamento della società.