Padrenostro di Claudio Noce, gli anni di piombo negli occhi di un bambino – Recensione

Padrenostro di Claudio Noce è un film tratto da una storia vera. Lo dicono i titoli di apertura, e dopo l’incipit in cui ci ritroviamo all’interno della metro C di Roma in cui due individui sembrano riconoscersi eccoci catapultati negli anni ’70 più neri.

Diversi sono i déjà vu in cui ci sembra di ritornare ai sanguinosi fatti di Via Fani, ma gli anni sono quelli e la storia è quella di tante storie. Era il 14 dicembre 1976 quando il vicequestore Alfonso Noce, padre del regista, veniva raggiunto dai militanti dei Nuclei Armati Proletari (NAP) che iniziarono ad esplodere proiettili contro di lui e contro la sua scolta. Noce si salvò ma uno degli agenti non fu altrettanto fortunato: il poliziotto Prisco Palumbo morì durante l’agguato e come lui cadde al suolo il terrorista Martino Zicchitella.

In questo scenario del terrore si ritrova Valerio, figlio del vicequestore, che al mattino viene svegliato dai colpi di arma da fuoco e si precipita per strada insieme alla madre. In quel momento il ragazzino incrocia lo sguardo del terrorista agonizzante sull’asfalto, che si toglie il passamontagna prima dell’ultimo respiro. Il suo trauma non verrà ascoltato a lungo.

Alfonso Le Rose (Pierfrancesco Favino) si salva e ritorna a casa con le cicatrici dei proiettili sulla schiena. In quel momento entra in scena Christian, un ragazzo arrivato dal nulla che compare solamente nei momenti in cui Valerio è solo. Nel frattempo i figli di Le Rose non devono sapere cosa sia successo e il soggiorno con il televisore viene chiuso a chiave per fare in modo che nessuno guardi i notiziari.

Quando Valerio e la piccola Alice scoprono tutto, il vicequestore Le Rose decide di spostarsi in Calabria con tutta la famiglia per una vacanza.

Claudio Noce tenta il dramma infantile e racconta gli anni di piombo vissuti da un bambino, inconsapevole vittima del terrorismo politico. Favino è magistrale, come sempre, anche se in Padrenostro di Claudio Noce assume i contorni della figura evanescente. In più occasioni empatizziamo con Valerio e ci facciamo rapire dal misterioso Christian, che raggiunge l’amico in Calabria spuntando dal nulla in mezzo ai campi. Fino a quel momento ci illudiamo che Christian sia l’amico immaginario di Valerio, fino a quando Alfonso (Favino) non lo nota e decide di farlo partecipare alla vacanza.

A metà tra noir, poliziottesco, romanzo di formazione e fiaba, Padrenostro di Claudio Noce ha un ottimo presupposto ma si mantiene leggero per l’intera durata: spesso si fa tutto sbiadito e fino alla fine non capiremo se Christian sia reale, nonostante il finale. In poche parole Padrenostro di Claudio Noce non sviluppa la trama come meriterebbe: in più parti del film spunta il punto interrogativo pieno di perchéquando, e i primi minuti sono davvero un enigma.

Non fosse per l’assoluta sensibilità del pubblico italiano verso gli anni di piombo, Padrenostro di Claudio Noce è un film riuscito per metà: Valerio e Christian sono come Pinocchio e Lucignolo, ingenui e persi nel loro continuo scambio di potere emozionale sull’altro; le cose che stanno per succedere non succedono, e questo potrebbe essere l’effetto sorpresa che rende grande un film se non fosse che al termine della visione non ci si sente nutriti, soltanto saziati a metà.

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