Maria Sole Sanasi d’Arpe ci fa conoscere da vicino Luigi Comencini e la sua autobiografia racchiusa nel libro “Davvero un bel mestiere!”.
Si passa da un Comencini cittadino europeo, ad un universitario a Milano che trascorre da solo a passeggiare le domeniche e poi post neorealista italiano a Roma che s’affaccia dall’Hotel de la Ville, incontra Carlo Ponti.
Il ritratto del regista Sanasi d’Arpe lo tratteggia in un articolo pubblicato su cinquantamila.it, dal titolo “Il regista-fanciullo che faceva parlare le facce dei bambini”.
“Lui è un salodiano solitario – scrive Maria Sole – al quale i compagni strappavano le ghette e «che il giovedì non andava a scuola, andava al cinema», sua personale forma di trasgressione, che attenua finalmente le ansie monopolizzandone l’attenzione. È lo scenario principe nella costruzione minuziosa delle atmosfere fanciullesche di cui diviene maestro, nel quadro problematico e politicamente instabile dell’Europa del primo dopoguerra”.
Luigi Comencini è stato uno dei fondatori ella commedia all’italiana, insieme a Monicelli e Risi e ai loro attori feticcio Mastroianni, Manfredi, Gassman e Tognazzi. Laureato in architettura e promotore, assieme ad Alberto Lattuada, della Cineteca Italiana, diviene nel dopoguerra critico cinematografico per “L’Avanti!”.
Nel ’46 il debutto alla regia con il documentario “Bambini in città” e due anni dopo il primo lungometraggio “Probito rubare”.
“Si reca a Napoli – ci dice Sanasi nel suo articolo – per girare il primo lungometraggio Bambini in città, tentando di «rompere quel muro di verità tradita, quel falso realismo che invadeva il cinema italiano, dalle risaie ai pescatori siciliani»; è apprezzato all’estero grazie all’unica cosa vera: le facce dei ragazzini che parlavano da sole, ma non vuol fare un cinema di denuncia, piuttosto concretizzare sullo schermo «un’irrealtà che sembra vera», come definisce Mario Soldati il suo film Persiane chiuse del 1950”.
“È sull’onda d’allegria – si legge ancora – che travolge il successo di Pane, amore e fantasia (amore fu aggiunto in ultimo, per scaramanzia), che comincia a prendere forma l’idea de La finestra sul Luna Park: la storia di un bambino con un padre assente che se ne sceglie un altro, cui segue la telefonata di Andreotti e le modifiche impostegli da Monsignor Angelicchio. Realizza Tutti a casa, «un film che funziona» e subito dopo La ragazza di Bube con Claudia Cardinale, voluto da Comencini in maniera insolitamente ostinata rispetto all’indole dubbiosa, grazie all’analogia tra l’amore di Bube per Mara e quello con sua moglie Giulia”.
L’attenzione di Comencini regista è sempre indirizzata al pubblico al quale egli si rivolge direttamente attraverso la cinepresa, con il fine di suscitare emozioni autentiche nello spettatore, quelle stesse emozioni da cui è ogni volta capace di attingere nuove idee. Questa capacità, il dono innato della comunicazione, rende il suo modus operandi accessibile a ogni livello, seppur restando incompreso a lungo dalla maggioranza dei critici italiani, proprio come il suo bambino nel film omonimo.
Ecco gli altri film di cui ci parla Sanasi d’Arpe: “Comencini gira Delitto d’amore con Stefania Sandrelli, Lo scopone scientifico con Sordi e Silvana Mangano, La donna della domenica con Mastroianni, con la paura di doversi fermare e la volontà sempre più forte di continuare nonostante l’avanzamento della malattia. Realizza Cuore, l’adattamento del romanzo di De Amicis in sei puntate per la Rai, ma non riesce a godere appieno del suo successo nei due anni successivi, «soffre troppo senza cinema»: ritrova energia e passione con La storia del 1984, lugubre scorcio su San Lorenzo a Roma negli anni Quaranta, tratto dal romanzo di Elsa Morante. Comencini ha settant’anni e con Gian Maria Volonté è la volta de Il ragazzo di Calabria, un successo per entrambi: «Volonté aveva corso per tutto il film e io avevo resistito alla mia malattia»”.
Nel libro il racconto in prima persona si conclude, lasciando il posto ad un’intima intervista padre-figlia condotta appunto da Cristina Comencini, regista di fama internazionale.
In questa intervista Cristina Comencini ripercorre con autenticità tutti gli aspetti inespressi della sua vita, dei suoi film, dei suoi progetti.
“La confidenziale tenerezza – conclude Maria Sole – che può permettersi toni tenui e al contempo aspri nelle domande rivoltegli, è soltanto quella che c’è tra padre e figlia, che fanno lo stesso mestiere, proprio un bel mestiere”.