Giovedì 10 gennaio è uscito nelle sale il secondo lungometraggio di Susanna Nicchiarelli. La scoperta dell’alba, interpretato da Margherita Buy e Sergio Rubini, è tratto dall’omonimo romanzo di Walter Veltroni, del quale raccoglie l’idea di base e la rielabora in modo totalmente diverso, sia per questioni di adattamento cinematografico che per scelte stilistiche.
Come già detto, La scoperta dell’alba è un film coraggioso, almeno per due motivi: da un lato c’è il coraggio di confrontarsi con l’opera di Walter Veltroni, che senza dubbio è un nome piuttosto ingombrante, dall’altra il coraggio di affrontare un tema drammatico come quello degli anni del brigatismo italiano, in un modo diverso da come è sempre stato fatto, cioè puntando l’attenzione sull’evoluzione dei personaggi nel tempo trascorso da quei drammatici fatti ad oggi con un pizzico di ironia e attraverso uno stratagemma cinematografico (il telefono che porta la protagonista a parlare con la se stessa di un tempo) che è solito vedersi in tutt’altro genere di film.
Per questo, forse, sono arrivate molte critiche alla Nicchiarelli. Ma La scoperta dell’alba rimane un film che merita di essere visto, secondo noi. Ma vogliamo essere imparziali e proporvi, nel modo più oggettivo possibile, i motivi per vedere e per non vedere La scoperta dell’alba.
Perché vedere La scoperta dell’alba
La scoperta dell’alba merita di essere visto perché la Nicchiarelli è una delle rivelazioni più interessanti del cinema italiano. Ama il cinema e lo conosce, come dimostra la mescolanza di generi e registri di cui si nutre la pellicola.
A volte un po’ ingenua – è il suo secondo lungometraggio – la regista ha trovato il modo per convogliare sul suo film l’attenzione da più parti, proprio grazie ai tanti elementi presenti (il dramma, la storia, la fantascienza etc.). Alla buona riuscita del film ha sicuramente contribuito il cast scelto: Margherita Buy e Sergio Rubini – interpreti che sanno ben gestire questa tipologia di film – come anche la Sastri e la regista stessa, che si è riservata il ruolo della sorella minore, tutti interpreti di personaggi e di situazioni che il cinema italiano considera raramente.
Perché non vedere La scoperta dell’alba
D’obbligo un confronto con il romanzo che ha dato vita al film di Susanna Nicchiarelli. La dimensione onirica del romanzo perde di spessore e di credibilità nella trasposizione. Non si tratta solo delle differenze (tante) tra la versione letteraria e quella cinematografica, ma si tratta di una perdita di potenza evocativa del registro narrativo.
A questo si aggiunge che il film spesso appare confuso tra generi diversi e distanti tra loro (ad esempio il dramma e la commedia, così come si manifestano nell’interpretazione che ne danno, rispettivamente, Margherita Buy e Sergio Rubini). Di queste dicotomie non risolte ne soffrono anche i personaggi (la cui portata psicologica non viene definita appieno) e le situazioni di cui sono protagonisti. Tanto materiale e tanti spunti, ma nessuno approfondito.