Difficile restare impassibile di fronte all’arte del maestro Mario Monicelli. “La grande guerra” è uno di quei film che vanta un perfetto equilibrio tra sarcasmo, ironia e tragedia.
La grande guerra rappresenta l’inutilità. Un’inutilità raccontata ad hoc.
Il film, in virtù delle incredibili doti del suo mai abbastanza compianto regista, offre un ottimo e ‘sempreverde’ esempio sulla grande capacità di ridere e riflettere nello stesso tempo.
L’oggetto del film è la guerra del “15-18”. Una guerra che passò alla storia come un inutile massacro.
Un bagno di sangue errato, indifendibile anche nella migliore (difficile e paradossale scriverlo) delle ipotesi.
Sono numerose le scene memorabili nel film di Monicelli.
“La grande guerra” è un incredibile affresco formato da più voci che narrano una guerra che probabilmente nessuno avrebbe voluto mai narrare.
Tuttavia, il film affronta la delicatezza della materia storica con due dei mattatori storici della commedia all’italiana realizzando attorno a loro un coro di caratteristi di comprovata bravura.
Vittorio Gassman veste i panni di Busacca: un imboscato milanese, una sorta di don Chisciotte in perenne lotta contro i mulini a vento contro cui spesso crolla.
Alberto Sordi veste i panni di Iacovacci, e si in tutta la sua romanità.
Busacca e Iacovacci si ritrovano al fronte, in prima linea e cercano di sopravvivere rischiando il meno possibile, anzi evitando proprio di farsi trovare nelle zone calde. Moriranno, cercando di salvare la dignità.