Qualche tempo fa vi abbiamo proposto trailer e sinossi del cortometraggio La cosa in cima alle scale, incursione nel filone del thriller-horror a sfondo sovrannaturale del regista Michele Torbidoni, che arriva subito dopo le ansiogene e cupissime atmosfere sci-fi del precedente The Net e di cui oggi vi proponiamo una recensione.
Ogni qual volta ci mettiamo alla ricerca di un corto da proporvi, capita di doverne scartare una moltitudine per svariati motivi, tra cui spicca spesso e volentieri una recitazione amatoriale davvero troppo difficile da metabolizzare, quindi è sempre una sollievo poter constatare da subito, non appena il protagonista di turno proferisce parola, di aver trovato qualcosa di abbastanza cinematografico da poter recensire e soprattutto proporre.
E’ proprio il caso del corto di Torbidoni, che già ci aveva incuriosito dal trailer, i cui contenuti vengono ampliati a dovere coprendo poco più di venti minuti di montato di ottima fattura, che gioca con inquietanti reminiscenze infantili che hanno fatto spesso e volentieri da ispirazione a grandi e piccoli cult horror, se non addrittura ad interi filoni.
Scavando tra ricordi d’infanzia e in reminiscenze cinefile è difficile non ricordare quell’angolo buio da attraversare di corsa con la bici, quella porta cigolante che si apriva su una vecchia casa diroccata cantata in macabre filastrocche o quella scala che scendeva ripida giù in cantina, i cui gradini erano inghiottiti in un oscurità nera come la pece, in cui forme mostruose giocavano a rimpiattino con la fantasia e l’innocenza di tanti ragazzini.
La cosa in cima alle scale fa leva su queste disturbanti rimembranze, partorite da una fervida immaginazione di cui l’infanzia è spesso portatrice sana e che con l’avanzar degli anni, di tanto in tanto tornano fugaci a disturbare il sonno e ad incrinare un tran tran quotidiano costruito su certezze fragili come cristallo.
Si tratta perlopiù di ricordi sbiaditi, ma abbastanza intensi da riportarci sensorialmente indietro nel tempo ed è proprio questo che accade a Pietro, il protagonista del corto interpretato da un intenso Gianluca D’Ercole, un giovane tecnico informatico la cui infanzia ritorna prepotente con la forza di un’inarrestabile ondata di emozioni e paure solo sopite, costringendolo a ripercorrere il suo incubo personale che da bimbo lo opprimeva e che gli adulti non arrivavano a comprendere in tutta la sua oscurità.
Torbidoni sfoggia una tenica raffinatissima, costruisce una tensione sussurrata in un crescendo di inquietudini, mentre il confine tra realtà e fantasia, tra presente e passato si fa sempre più labile e indefinito, sino a che non deflagra in un mirabile e suggestivo finale che ha il merito di lasciare a fine visione un’insoddifatta curiosità di fondo non frustrante, ma piacevolmente interrogativa, che colma lacune, risveglia ricordi e pone domande dalle risposte non sempre piacevoli.