Chi ha fatto il turno di notte per impedire l’ arresto del cuore del mondo? Noi, i poeti. Lontano da li’, dall’urgenza di fraternità nell’oppressione, il turno di notte torna a essere di competenza delle stelle.
E’ stata questa frase del poeta bosniaco Izet Sarajlic a dare lo spunto per il racconto Il turno di notte lo fanno le stelle di Erri De Luca, divenuto un film di ventitré minuti grazie alla regia di Edoardo Ponti. Il film, già particolarmente apprezzato in Italia e all’estero, sarà proiettato in anteprima per il Nord America al Tribeca Film Festival, manifestazione voluta da Robert De Niro, in programma a New York dal 17 al 28 aprile.
Già presentato in prima mondiale all’ultimo Festival Internazionale del Film di Roma, Il turno di notte lo fanno le stelle era anche entrato nella short-list degli 11 titoli che si sono contesi la nomination agli ultimi Oscar per il migliore cortometraggio.
Il turno di notte lo fanno le stelle è la storia di Matteo, interpretato da Enrico Lo Verso, un uomo solitario che ha appena subito un trapianto al cuore, e di Sonia (Nastassja Kinski), reduce da un intervento a cuore aperto. I due si sono conosciuti nella corsia dell’ospedale e lì si sono fatti una promessa: se fossero sopravvissuti avrebbero scalato insieme una vetta delle Dolomiti.
Il film è la grande avventura che i due protagonisti, tra i quali nasce un sentimento molto profondo, simile all’amore ma che amore non è, che sfidano la montagna e che, come successo per la malattia che li ha portati nel letto di ospedale, è il terreno dove può verificarsi la rinascita esistenziale, dopo quella fisica seguita alla malattia.
Una montagna che è simbolo di assoluto, di immenso, di bellezza, la montagna che si pone come ostacolo da superare, ma anche come unica via, per una seconda opportunità, come spiega Erri De Luca, autore del racconto e co-sceneggiatore de Il turno di notte lo fanno le stelle:
La montagna è bellezza di suolo che spinge la sua materia dal basso verso l’ alto. E’ la più grandiosa contraddizione della legge di gravità, dovuta a una spinta opposta che impenna di creste la sagoma della terra. La montagna costringe chi sta in basso a sollevare il capo e invita chi è in cammino a respirare profondo. Allora chi è ammaccato in corpo o nei sentimenti, chi è ferito al cuore da un guasto di fabbrica o da un’ ulcera amorosa, trova in montagna la sua giusta misura di granello affidato all’immensità.
Lì dove si è in inferiorità rispetto alla potenza e alla violenza della bellezza, si rimarginano e si riducono le cicatrici. Lo so per esperienza diretta, sono andato a scalare appena rimesso da un infarto. Ho voluto giocare subito a un lasciaoraddoppia con la montagna e il mio azzardo e’ stato assolto e accolto dalla montagna. Ho iniziato il secondo tempo della vita, come fanno i protagonisti della storia, per collaudo della nuova circolazione del sangue e per bisogno di farlo in grembo alla bellezza.