Sarà la crisi. Sarà che qui da noi non tutti vivono bene. Sarà che l’emigrazione è uno di quei fenomeni sempre vivi nella storia dell’umanità. Questa premessa è necessaria per introdurre un dato di natura sociale, sul quale si basa “Ciao Italia. Storie di Italiani a Berlino”, il nuovo DocuFilm di Fausto Caviglia e Barbara Bernardi.
Pensate che negli ultimi anni sono circa quindicimila gli italiani che si sono ufficialmente trasferiti (e registrati) a Berlino.
Quindicimila persone. Non finisce qui, perché molti altri italiani hanno scelto di compiere lo stesso percorso e sono approdati in terra tedesca per motivi di studio o per ragioni che non si conoscono in termini burocratici.
Italians go to Berlin
Fausto Caviglia e Barbara Bernardi, pertanto, mettono il loro occhio meccanico a disposizione di una realtà più che mai scomoda da accettare, ma essenziale da raccontare.
Berlino, capitale tedesca diventata sotto l’egidia di Angela Merkel il simbolo dell’economia fiorente (l’unica che dà i suoi frutti in Europa, visto anche l’alto tasso di disoccupazione) accoglie ormai da anni una moltitudine di italiani. Per loro, Berlino si configura come una vera e propria seconda patria, un posto in cui si ha la possibilità di elevare la propria qualità della vita, nonché (soprattutto) un luogo dove è ancora possibile far valere i propri diritti.
Un fenomeno migratorio che per Caviglia e Bernardi è diventato dunque fonte di ispirazione.
Sotto queste premesse nasce il loro “Ciao Italia. Storie di Italiani a Berlino“. Il film, prodotto da Monsieur Cheville e Alberto Osella, uscirà nelle sale mercoledì 30 gennaio 2013.
Il documentario è stato realizzato alternando diverse interviste a vere e proprie fotografie in movimento della città. Ciò che ne viene fuori è un’attenta e precisa inchiesta di natura sociologica, finalizzata ad individuare i diversi motivi che inducono gli italiani a subire il “richiamo di quella grande città” e trasferirsi in loco.
“Dove vai?”. “Perché ti trasferisci?”. “Ti manca l’Italia?”.
Padri di famiglia, ragazzi e ragazze in cerca di lavoro, imprenditori rimasti a secco, volontari, quarantenni che non vedono guadagni dopo una carriera trascorsa a studiare e specializzarsi per uno stipendio decente. Tutti a Berlino. Il motivo fondamentale del loro esodo? Un posto in cui non ci si deve vergognare della propria onestà. Un posto che è una società meritocratica. Dove lavora chi lo merita.
Caviglia e Bernardi non sembrano essere filo-berlinesi o anti-italiani. In fondo dipingono uno spaccato della nostra terra portando a suffragio della propria tesi immagini e testimonianze. Nel contempo offrono una panoramica di quella che sembra essere senza ombra di dubbio la capitale europea più in salute.
Che si tratti di un giovane padre di famiglia, di una ragazza in cerca di lavoro, di un ex editore ora impegnato nell’associazionismo o di un quarantenne in carriera, l’idea di base sembra non mutare: c’è un grande bisogno di un posto dove non doversi vergognare di essere onesti, dove poter credere nella meritocrazia, e Berlino sembra essere il posto giusto.
Tedeschi di adozione
Esuli figli dell’Italia, dunque, fanno fagotto e diventano tedeschi d’adozione. Torneranno? Molti di loro, la stragrande maggioranza, dicono di no. Eppure il titolo recita “Ciao Italia” e non “Addio Italia”.
Cosa vorrà dire? Che forse i registi sono i primi a nutrire una tenue speranza nei confronti del nostro Paese e della sua ripresa. Malgrado il difficile periodo storico-economico.