Giornata della memoria. Dieci film per non dimenticare

27 gennaio 1945: l’Armata Rossa arriva ad Auschwitz. Il giorno della scoperta dell’orrore. Ma anche il giorno della speranza ritrovata, dopo anni di follia nazista.

Dopo la scoperta dei campi di concentramento, il cinema, come anche ogni altra arte, ha tentato di indagare in modi, stili e linguaggi differenti questa tragedia, cercando una via per rappresentare, e in qualche modo comprendere, quello che rimane inconoscibile per l’intelletto.

In Italia, come nel resto del mondo, sono state prodotte molte pellicole sull’Olocausto, segno chiaro di come la tragedia dovesse essere in qualche modo analizzarla per renderla parte della storia e non più come una realtà, ancora, così presente. All’inizio dall’esterno -sono rare le pellicole del primo periodo in cui la macchina da presa oltrepassa i cancelli dei campi di concentramento- come a voler evitare il pericolo di una spettacolarizzazione cinematografica dell’accaduto. Un’eccezione, e per questo, infatti, fu oggetto di critica, Kapò di Gillo Pontecorvo (1959).

Il racconto è più focalizzato sulle circostanze storiche e sociologiche, tematiche che, invece, saranno meno evidenti nei film prodotti negli anni ’90. Il tempo ha rimarginato alcune ferite, e c’è il rischio di dimenticare. I sopravvissuti dei campi -coloro che fino al momento erano la memoria dei fatti- stanno scomparendo e il cinema sente l’esigenza di rivolgere lo sguardo su di loro.

E’ in questo periodo, tendenza che si conserva poi fino ai giorni nostri, che le pellicole sull’Olocausto si concentrano, principalmente, sugli individui e sulla loro esperienza personale. Meno storia e più umanità, quindi, e l’aspetto che viene maggiormente indagato è il rapporto che si crea tra l’uomo ebreo e l’uomo tedesco, tra la vittima e il carnefice che, in tanti casi, si trasforma nell’unica possibilità di salvezza.

Anche il cinema italiano ha indagato questo tragico evento. In occasione della Giornata della Memoria abbiamo selezionato 10 film italiani sull’Olocausto -selezione personale e sicuramente non esaustiva- che danno un’idea di come l’Olocausto è stato visto e vissuto nel nostro paese.

Kapò – Gillo Pontecorvo – 1959

Il giardino dei Finzi-Contini – Vittorio De Sica – 1970

Pasqualino Settebellezze – Lina Wertmüller – 1976

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