Festival di Roma 2012 martedì 13: Il Leone d’Orvieto, Waves, L’insolito ignoto

Quinta giornata per la settima edizione del Festival internazionale del film di Roma. Oggi la sezione Prospettive Italia presenta in concorso il documentario Il leone d’Orvieto, il regista Aureliano Amadei (Venti sigarette) racconta tra serio e faceto la scalata di Giancarlo Parretti alla Metro Goldwin Mayer e il noir Wavesopera prima di Corrado Sassi ambientatA su un’imbarcazione a vela.

Per gli eventi fuori concorso segnaliamo L’insolito ignoto – Vita acrobatica di Tiberio Murgia di Sergio Naitza, documentario sulla vita del celebre caratterista italiano e il cortometraggio Frammenti del direttore della fotografia e film-maker indipendente Franco Piavoli.

IL LEONE D’ORVIETO

Giancarlo Parretti, nato a Orvieto da una famiglia umile, inizia a lavorare molto presto. Ma già al tempo dei primi impieghi come lavapiatti, quell’adolescente dimostra di avere ben altre ambizioni. Nell’arco di vent’anni si associa con uomini della politica e della finanza, senza preclusione di colore, genere e credo, con l’unico fine di conquistare la leggendaria Metro Goldwyn Mayer. L’operazione si rivela il più grande crack finanziario della storia del cinema. Ma Parretti oggi dichiara candidamente: “Per me l’MGM è come ‘na donna… l’importante era conquistarla, poi doppo quel che succede, succede…”

Il leone di Orvieto è un documentario storico, affrontato con i toni della commedia popolare. La restituzione dei fatti che portarono ad una delle più grandi serie di crack finanziari degli anni ‘90, è intrecciata con la passione per il cinema. L’approccio visivo del film ci porta dalla classicità dell’impianto narrativo, costruito con un tradizionale intreccio di interviste, all’esasperazione di elementi scenici, come le grafiche di cartone, i contributi da film storici, la fotografia ‘gotica’ che svela solo parzialmente gli ambienti della vicenda. Il carattere pop del lavoro, i film e le musiche contribuiscono a una sorta di gioco del “riconosci il pezzo”, per un viaggio trash nell’amarcord!.[Aureliano Amadei]

WAVES

Il film è ispirato a un racconto di R.L.Stevenson, Il riflusso della marea. È un noir marino: la cronaca di tre uomini che non si conoscono e che navigano a vela verso Sud. Solo due di loro sono a conoscenza del motivo della traversata (mettere a segno un colpo criminale), mentre il terzo uomo condivide con il pubblico l’angoscia di un viaggio verso un fine sconosciuto. Durante la navigazione i tre si trovano costretti a imbarcare una donna che destabilizza i già fragili equilibri. Sarà l’arrivo su un’isola sconosciuta e l’incontro con un personaggio misterioso a cambiare definitivamente i loro destini.

La barca è uno spazio ridotto al minimo, un rifugio galleggiante in cui un equipaggio è costretto a convivere. Al di fuori, il mare, lo spazio incommensurabile. Ma il punto non è lo spazio, è il tempo. Il tempo per mare si dilata, si sfrangia, si ha come l’impressione che non sia più controllabile. La barca è dunque una condizione limite dove lo spazio determina il tempo, cambiando gli uomini ed i loro progetti. Il film intende rendere tutto ciò spettacolo, come se la barca fosse una scena, anzi la scena perfetta, da cui non si può uscire. Il mio scopo era quello di realizzare un noir particolare, che sostituisse alle atmosfere cupe e claustrofobiche dei noir classici lo spazio infinto e il chiarore abbacinante del sole. Stevenson, Conrad, Melville, e Polanski sono riusciti a fare questo e a loro mi sono ispirato. Il mare dunque come metafora esistenziale ma anche come grande amore personale che come tale racchiude un mistero. [Corrado Sassi]

L’INSOLITO IGNOTO – VITA CROBATICA DI TIBERIO MUGIA

Tiberio Murgia, caratterista di successo per quasi cinquant’anni. Ritratto di un attore, sardo di nascita ma siciliano per adozione cinematografica. Un “falso d’autore” inventato da Monicelli e divenuto una maschera della commedia all’italiana. I pensieri, i ricordi, i pentimenti e le menzogne di un beniamino del pubblico si alternano alla testimonianza di colleghi, critici, familiari e amici. Sullo sfondo, la parabola di un italiano al contempo salvato e tradito dal cinema italiano e dal boom economico degli anni Sessanta.

Una faccia che bucava lo schermo. Capello corvino, sopracciglia cespugliose, baffetto malandrino, mento all’insù come a reclamare una nobile alterigia che il dna di proletario sardo gli negava. Tiberio Murgia forse avrebbe meritato un documentario non solo per la sua lunga carriera di caratterista. Il personaggio che gli aveva cucito addosso Mario Monicelli – il siciliano geloso, focoso, sciupafemmine – ha finito per imprigionarlo: Murgia ha clonato Ferribotte centinaia di volte tra parodie, imitazioni, remake fino a svuotare la caricatura d’ogni efficacia. Cosa c’era oltre la maschera? Una vita picaresca, quasi la sceneggiatura di un film di serie B. La storia di un “cenerentolo” baciato dalla fortuna nella dolce vita dell’Italia del boom che, incapace di vestire i panni del ricco, finiva immancabilmente per perdere ogni bene. Un’esistenza da acrobata, oscillante fra bugie colossali e arte d’arrangiarsi, una figurina del povero meridione d’Italia ustionata dai neon del successo. E, soprattutto, il buffo cortocircuito di chi aveva scambiato, senza volerlo, la vita con il cinema e il cinema con la vita. [Sergio Naitza]

FRAMMENTI – CORTOMETRAGGIO

Alcuni turisti, a Bobbio, stanno ammirando l’Abbazia di San Colombano. Alcuni si staccano dal gruppo. Un giovane corteggia inutilmente una ragazza mentre una coppia suggella l’incontro amoroso nell’incanto del bosco. Un altro giovane, inseguendo i suoi pensieri e i suoi sogni, percorre da solo le strade del borgo. Sono solo immagini e suoni a esprimere questi stati dell’animo.

Non posso che essere riconoscente a Franco Piavoli per aver accettato di dirigere quest’anno il laboratorio Fare Cinema di Bobbio. Ha dato così con Frammenti, una lezione di stile, di rigore, di pura immaginazione. Improvvisando con dei giovani sconosciuti, sorpresi e poi conquistati, Franco Piavoli ci ha parlato, senza dire una parola, con felice leggerezza in pochi minuti di grandi temi, immergendosi alla fine nelle acque ancora miracolosamente limpide di un fiume sempre minacciato, il Trebbia, che passa accanto al “natio borgo selvaggio” di Bobbio. [Marco Bellocchio]

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