Si chiude il primo weekend del Festival di Roma 2012 e torniamo a dare uno sguardo a cosa ci propone quest’oggi il programma per quanto riguarda il cinema italiano. La sezione Prospettive Italia prevede in concorso L’isola dell’angelo caduto, debutto alla regia dello scrittore Carlo Lucarelli e Milleunanotte di Marco Santarelli, mentre come evento speciale il documentario Giuliano Montaldo – Quattro volte vent’anni di Marco Spagnoli.
Tra le altre proiezioni segnaliamo il cortometraggio Il Gatto del Maine di Antonello Schioppa e il documentario Full Metal joker dedicato da Emiliano Montanari all’attore Matthew Modine, che accompagnerà la proiezione di una copia restaurata di Full Metal Jacket, capolavoro di Stanley Kubrick che celebra i venticinque anni dalla sua uscita.
L’ISOLA DELL’ANGELO CADUTO
Gennaio 1925. La chiamano l’isola dell’angelo Caduto perché si dice che Lucifero dopo la ribellione a Dio sia precipitato su quel piccolo scoglio sperduto, adesso colonia penale del nascente regime fascista. Un giorno il commissario dell’isola si trova ad indagare su una serie di strani delitti. Contro di lui le autorità locali, soprattutto il feroce e violento Mazzarino. Appare chiaro che se il commissario accetterà la comoda versione ufficiale sarà richiamato in continente, mentre se continuerà a indagare resterà confinato su quell’isola, dove sua moglie Hana, che non riesce più a sopportare quel luogo surreale e inquietante, sta impazzendo.
Quando ho scritto L’isola dell’angelo caduto, romanzo di genere giallo – cioè due cose ben precise con regole, canoni e grammatiche proprie, e propri modelli e maestri – mi sono lasciato così prendere dalla narrazione che ho rubato tutto quello che mi serviva da altri generi, altri modelli e altre grammatiche, mescolando tutto insieme con l’unico criterio di mantenere una certa diabolica magia. Nello scrivere e realizzare il film ho fatto lo stesso. Ci sono maestri, esempi e modelli grandissimi del cinema ai quali ho rubato quello che potevo – nel senso delle mie limitate possibilità – ma soprattutto ho rubato anche ad altre grammatiche e ad altri generi, ad altri strumenti, come per esempio il fumetto o la musica. Non mi permetto neppure di paragonarmi ai maestri del cinema italiano o a quelli del cinema di genere. Mi basterebbe solo essere riuscito a raccontare la mia storia con una certa diabolica magia. [Carlo Lucarelli]
MILLEUNANOTTE
Italia, Penitenziario Dozza di Bologna. Tra speranza e rassegnazione, scorre la vita nella sezione giudiziaria del carcere bolognese. Una vita appesa a un tempo che non passa mai e a una “domandina” da scrivere. Nel linguaggio carcerario, la domandina indica la richiesta che il detenuto deve compilare per essere autorizzato a incontrare il suo avvocato, fare una telefonata, chiedere di lavorare, incontrare un familiare, vedere il proprio educatore o uno dei tanti volontari che quotidianamente operano nel penitenziario. È seguendo il percorso delle “domandine” che Milleunanotte entra nelle storie personali dei detenuti e nei labirinti burocratici che regolano la vita in carcere.
Spostarsi all’interno di un carcere non è una cosa facile, ogni sezione ha le sue regole. A volte riuscivo a pianificare le cose da fare, altre volte mi capitava di filmare situazioni impreviste e altre volte ancora, ho dovuto rinunciare. Ma nonostante tutto è andata bene, sono stato fortunato, e alla fine sono riuscito a trovare il giusto equilibro tra quello che volevo raccontare e quello che avevo la possibilità di filmare. Insieme ad Alfredo Farina, direttore della fotografia e compagno di tante storie che ho raccontato negli ultimi anni, ho cercato di costruire, giorno dopo giorno, uno stile di ripresa diretto, coerente e totale, che portasse la vita delle persone che filmavamo il più possibile al di qua delle sbarre. Per entrare in contatto con i detenuti e le loro storie ho scelto di seguire l’iter delle ‘domandine’, ovvero le richieste che inoltrano alle autorità penitenziarie per avere rapporti con l’esterno. Bisogna prendere carta e penna, scrivere la ‘domandina’ e aspettare di essere convocati. Speranze, desideri, paure, rabbia, tutto passa per una ‘domandina’. [Marco Santarelli]
GIULIANO MONTALDO – QUATTRO VOLTE VENT’ANNI
Realizzare Quattro volte vent’anni è stato un grande privilegio: le settimane passate al fianco di Giuliano Montaldo e di sua moglie Vera, del loro mondo importante e discreto hanno significato molto sul piano personale per me e per la troupe. La figura di Montaldo, infatti, è una delle più interessanti del cinema internazionale, per la sua grande umanità e lungimiranza, ma, al tempo stesso, per la sua ferrea determinazione nel volere raccontare storie complesse e uniche, ispirate dal suo rifiuto dell’intolleranza e dell’ignoranza. Una lezione cinematografica e politica caratterizzata da un misto di ironia e intelligenza, di disincanto e, al tempo stesso, di grande speranza. Giuliano Montaldo ha l’età che oggi avrebbe mio padre, scomparso quando io avevo diciannove anni, e assomiglia moltissimo nei modi al mio nonno materno elegante, ironico e composto come è sempre Montaldo. Esplorare la personalità straordinaria di questo grande regista, mi ha consentito, in un certo senso, di potere rendere un piccolo omaggio alle persone cui sono stato più legato nella mia vita affettiva e, soprattutto, a quella generazione di Italiani che con il loro esempio e Il loro lavoro si sono impegnati a rendere l’Italia un paese migliore. [Marco Spagnoli]
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