Forse è la grafica iniziale e finale (di una bruttezza indescrivibile), o forse accade che in certi punti del film ci si chieda se si stia al cinema o davanti al pc con un tutorial che spiega per filo e per segno come fare a diventare un onesto criminale del clan dei siberiani; certo è che Educazione Siberiana di Gabriele Salvatores non ha niente da eccepire per quanto riguarda la regia e l’interpretazione degli attori principali, ma l’operazione del film di ampio respiro internazionale sembra non essere riuscito.
La trama di Educazione Siberiana
A Fiume Basso, nel sud della Russia, ci sono molti clan criminali ma il più pericoloso è certamente quello dei Siberiani, una comunità che fonda i suoi principi sul rispetto religioso delle regole e della preghiera contro le forze dell’ordine; il capo della comunità è certamente nonno Kuzja (John Malkovich) che ha come nipote Kolima (Arnas Fedaravicius), che addestra insieme al migliore amico del giovane, Gagarin (Vilius Tumalavicius): crescere come un siberiano vuol dire rispettare gli insegnamenti ed essere i più temuti in circolazione; così, i giovani crescono ma gli eventi li separano – e i loro destini saranno segnati per sempre.
Un’ottima prova, se solo il regista fosse un esordiente
Guardando Educazione Siberiana, ci si chiede se sia un film d’autore, o un film d’azione o magari una drammatica storia d’amore impossibile e fredda come il gelo della Russia post Sovietica – il personaggio di Xenja (Eleanor Tomlinson) è di una delicatezza degna di nota; quello che è certo, è che la pellicola contiene molti ingredienti che ne fanno un titolo guardabile, ma tutto resta in superficie, ha sostanza sottile e non sembra che si approfondisca molto.
In altri termini, sembra che le scene di ultra violenza (quella in cui il gruppetto di giovani protagonisti siberiani si scontra con un altro potrebbe richiamare le lotte in Arancia Meccanica), come quelle d’amore o del valore della famiglia non si possano commentare oltre il mero racconto della vicenda.
Il finale, poi, è un po’ deludente: dopo una narrazione che prometteva di più, molto di più, ci si ritrova davanti alle ultime istruzioni del bravo e onesto criminale – nemmeno tanto bravo e onesto perché non vi è lieto fine; la forma narrativa di Educazione Siberiana sembra appartenere più al mondo documentaristico che a una vera e propria struttura cinematografica d’autore che vive di forma e sostanza proprie.