L’armata Brancaleone, amore e morte in chiave semicomica

Questa è la storia di Brancaleone da Norcia. Un personaggio nel contempo straccione e magniloquente, che diventa motivo di riflessione.

Mentre Brancaleone sta per partecipare a un torneo viene avvicinato un gruppetto di miserabili  in possesso di una pergamena che assicura al cavaliere che la detiene il feudo di Aurocastro.

Durante il percorso, Brancaleone e il gruppo incontrano il bizantino Teofilatto. Sono protagonisti di altre gesta.

Esempi? Occupano un paese dove regna sovrana la peste, salvano una stravagante promessa sposa. Arrivati alla meta, però, vengono assaliti dai Saraceni…

“L’armata Brancaleone”, film di Mario Monicelli, uno dei classici più menzionati del cinema italiano.

La capacità del regista di rinnovare un linguaggio aulico, praticamente reinventandolo, finisce alle orecchie e sotto gli occhi di tutti sin dalle prime battute. La sua conduzione in cabina di regia è impeccabile. Ne viene fuori una commedia intelligentissima. Un capolavoro nazional-popolare.

Ciò che contraddistingue il film? La serie di avventure picaresche del gruppo. Tutto in seno alla formula che fu già del Pulci, di deformazioni popolaresche di fatti e linguaggi, con doverosa miscela di elementi grotteschi e patetici, sentimentali e grossolani, con la presenza di amore e morte in chiave comica e seria.

L’equilibrio fornito da Monicelli è a dir poco esemplare. Per questo, “L’armata Brancaleone” fa ancora storia.

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