È morto all’età di 92 anni Francesco Rosi, uno dei più grandi registi italiani di tutti i tempi. Le sue opere sono diventate dei veri e propri esempi per molte generazioni di registi, soprattutto per il cinema di denuncia e inchiesta.
Il suo film più celebre resta “Le mani sulla città” del 1963, grazie al quali vinse il Leone d’Oro al Festival del Cinema di Venezia, in cui indagava le collusioni tra i diversi poteri dello Stato. Ma i riconoscimenti da Venezia ci sono stati anche al suo esordio, quando, nel 1958 ottenne il Premio Speciale della Giuria con “La sfida”.
Il suo ingresso nel mondo del cinema arriva in qualità di assistente regista al fianco di Luchino Visconti per il film “La terra trema” del 1948 e poi anche per “Senso” del 1953. Dagli anni ’60 inizia il suo filone di film d’inchiesta, nel 1963 gira il celebre “Salvatore Giuliano” la storia del noto bandito siciliano, che si guadagna prima l’Orso d’Argento al Festival di Berlino e poi il Nastro d’Argento come miglior regista.
Arriva poi, come ricordato, “Le mani sulla città”, che oltre al Leone d’Oro, fa guadagnare il David di Donatello nel 1965, a Rosi come Miglior Regista.
Nonostante l’ingerenza della politica, Rosi continua con i suoi film di denuncia e gira “Il caso Mattei” nel 1971, sulla misteriosa morte del presidente ENI, “Lucky Luciano” sul noto malavitoso, del 1973, entrambi i film con Gian Maria Volonté. Nel 1975 gira “Cadaveri eccellenti”, film che gli regala un David di Donatello e persino un BAFTA per il Miglior Film Straniero.
Tra gli anni ’80 e ’90 arrivano altre importanti opere come “Cronaca di una morte annunciata”, “Dimenticare Palermo” e il suo ultimo film, “La tregua”. Negli anni 2000 torna al teatro, firmando la regia di opere di Eduardo De Filippo come “Filumena Marturano”, “Napoli milionaria” e “Le voci di dentro”.
Vince nel 2012 il Leone d’Oro alla Carriera.
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