La sessantanovesima edizione del Festival di Venezia giunge alla sua terza giornata che vede il cinema italiano protagonista con il Leone d’oro alla carriera assegnato a Francesco Rosi, regista di grandi classici come Salvatore Giuliano, Le mani sulla città, Il caso Mattei. Svariati i film italiani in programmazione nelle sezioni collaterali, mentre per la Selezione ufficiale dovremo attendere fino a domani con la proiezione di E’ stato il figlio di Daniele Ciprì.
Il cinema italiano in cartellone al Lido quest’oggi prevede i documentari Sfiorando il muro di Silvia Giralucci e Luca Ricciardi e Mare chiuso di Andrea Segre e Stefano Liberti, oltre al debutto alla regia dell’attore Luigi Lo Cascio con La città ideale (Settimana della critica).
SFIORANDO IL MURO
La prima comunione e il blitz del 7 aprile, i giochi con le amiche e il rapimento di Aldo Moro. Sfiorando il muro è un film sugli anni Settanta da un punto di vista particolare: una bambina di allora che ricorda manifestazioni e scritte sui muri con turbamento. C’è un perché: il padre dell’autrice, Graziano Giralucci, venne ucciso con Giuseppe Mazzola nel 1974 dalle Brigate rosse all’interno della sede del Msi di Padova. Furono le prime vittime delle Br. Per capire come sia stato possibile accettare e considerare inevitabile la violenza politica l’autrice cerca chi la violenza l’ha praticata, chi l’ha subita, chi l’ha combattuta: dagli autonomi ai ragazzi del Fronte della Gioventù, dal magistrato Pietro Calogero, autore del blitz del 7 aprile contro Toni Negri, a Guido Petter, docente universitario ex partigiano che venne colpito a colpi di martellate sul capo, fi no al sindacalista che divenne “infame” e fu costretto a nascondersi per anni solo per aver raccontato alla magistratura tutto quello che ricordava del suo periodo di militanza in Potere operaio. Questo viaggio tra punti di vista diversi e a volte inconciliabili diventa per Silvia Giralucci anche un modo di riconciliarsi con la diffi cile memoria del padre, un martire simbolo per la sua comunità politica, una vittima a lungo considerata colpevole per il solo fatto di essere di destra, un papà presente solo nei sogni.
Ero bambina quando sul muro di fronte a casa di mia nonna campeggiava la scritta rossa “Fuori i compagni del 7 aprile”. Accanto falce e martello. La leggevo, non capivo, ma mi turbava. Quando, non molto tempo fa, mio fi glio mi ha chiesto: “Mamma, ma è vero che il tuo papà è stato sparato?”, ho capito che per rispondergli avevo bisogno di fare i conti con i drammatici anni Settanta. L’ho fatto partendo da quella scritta. Ho cercato chi come lui pensava che per la politica valesse la pena di vivere e anche di morire, i suoi avversari politici, i suoi amici, e chi ha rischiato la vita per difendere la nostra democrazia. Non ho cercato lui, ma in qualche modo, nello spirito di quel decennio, credo di averlo trovato.(Silvia Giralucci)
MARE CHIUSO
A partire dal marzo 2011, con lo scoppio della guerra, molti migranti e profughi africani hanno iniziato a scappare dalla Libia. Alcuni si sono rifugiati nei campi profughi al confine con la Tunisia, altri sono riusciti a raggiungere via mare le coste italiane. Molti di loro furono vittime delle operazioni di respingimento attuate a partire del maggio 2009 dalle pattuglie congiunte italo-libiche; in seguito agli accordi tra Gheddafi e Berlusconi, infatti, le barche dei migranti intercettate in acque internazionali nel Mediterraneo venivano sistematicamente ricondotte in territorio libico, dove non esisteva alcun diritto di protezione. Nel documentario sono i profughi africani a raccontare in prima persona cosa vuol dire essere respinti. Per incontrarli siamo stati al confine libico-tunisino, al campo profughi di Shousha, e in due centri per richiedenti asilo (C.A.R.A.) nel sud Italia.Le loro interviste costituiscono il corpus principale del documentario, insieme all’udienza del processo contro l’Italia alla Corte Suprema dei Diritti Umani di Strasburgo, dove una ventina di respinti, tra cui uno dei nostri intervistati, hanno presentato ricorso.
LA CITTA’ IDEALE
Michele Grassadonia è un fervente ecologista. Molto tempo fa ha lasciato Palermo per trasferirsi a Siena, che lui considera, tra tutte, la città ideale. Da quasi un anno sta portando avanti un esperimento nel suo appartamento: riuscire a vivere in piena autosufficienza, senza dover ricorrere all’acqua corrente o all’energia elettrica. In una notte di pioggia, Michele rimane coinvolto in una serie di accadimenti dai contorni confusi e misteriosi. Da questo momento in poi, la sua esperienza felice di integrazione gioiosa nella città ideale comincerà a vacillare.
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