Il festival di Locarno si è contraddistinto nell’edizione appena conclusasi per la qualità della selezione e la quantità impressionante di opere prime e seconde presentate durante la kermesse. Un dato che fa ben sperare per il futuro. Locarno, dunque, si conferma come un luogo di scoperte innovative, in grado di fare concorrenza a Cannes e Venezia (vedremo cosa ha preparato Alberto Barbera per questa nuova edizione).
Le scoperte di Locarno in chiusura del Concorso internazionale si sono arricchite con il poetico Dao Khanong della tailandese Anocha Suwichakornpong (al secondo lungometraggio) e con Bangkok nites di Katsuya Tomita, film godibilissimo nonostante le tre ore di durata, un divertente spaccato della comunità giapponese nei bordelli di Bangkok che potrebbe avere nelle nostre sale un suo successo .
Il festival di Venezia, con la direzione di Barbera, si è calato non poco nella realtà del cinema d’autore più estremo, ma ha avuto il grande merito di proporre con costanza anche i documentari, un ambito in cui spesso sono racchiuse le innovazioni più significative.
Da questo punto di vista Venezia sembra aver recepito la lezione di Locarno, che per anni ha insistito su cineasti come lo spagnolo Albert Serra, il brasiliano Pedro Costa o il filippino Lav Diaz. È solo una dimostrazione d’intelligenza, quella di portare al Lido un regista come Diaz. Ora Venezia deve però far scoprire opere forti e innovative, che nascondano dentro al cavallo di Troia del cinema d’autore anche quello del cinema innovativo. E al tempo stesso il festival di Locarno avrà lo stimolo giusto per cercare nuovi Lav Diaz o Pedro Costa.
Il palmarès del Concorso internazionale di Locarno è stato più deludente di quello del 2015, dove tutti i titoli premiati erano di alta qualità e dove l’unico neo era stato rappresentato dal mancato premio a Bella e perduta di Pietro Marcello, che meritava come minimo il Gran premio della giuria, se non il Pardo d’oro.