Come Hollywood insegna. Negli Usa la serie di sequel, spinoff e remake per la prossima stagione è infinita ma non meraviglia, è tradizione: Independence Day – Rigenerazione, Alla ricerca di Dory, L’era glaciale 5, Il drago invisibile, Ben – Hur, Jack Reacher, Jason Bourne, I magnifici 7, Bridget Jones’ Baby, Blair Witch e “last but not least” il cartoon dell’estate Pets, soltanto per citare i titoli più attesi.
Da anni l’industria va sul sicuro offrendo al pubblico in una nuova salsa personaggi e saghe del passato. Non c’è che dire: alle volte la scelta paga, qualche volta no (tutti i blockbuster dell’estate andati piuttosto male negli Usa erano seguiti o remake). La novità è che anche il cinema italiano si sta allineando a questo trend: se un film ha trovato il suo pubblico, se i personaggi sono piaciuti, se il contesto, il linguaggio, lo stile funzionano perché cambiarlo? E così nei listini della prossima stagione ritroviamo tanti ritorni anche nei film “made in Italy”.
Il dibattito delle rassegne estive ha tenuto con il fiato sospeso i tanti fan di Enzo Ceccotti in arte Jeeg Robot, ansiosi di sapere se il loro supereroe sarebbe tornato sul grande schermo. Finché il suo regista, Gabriele Mainetti, ha creduto di dare una risposta definitiva al tema assicurando che sì cercherà di scrivere un seguito, che no Jeeg Robot 2 non è il suo prossimo film, ma che sì un tentativo per riportare Claudio Santamaria e la sua montagna di muscoli al cinema sarà sicuramente fatto.
Chi sicuramente tornerà è il Ragazzo Invisibile di Gabriele Salvadores. Il regista da pochissimi giorni è sul set del seguito del film fantasy di due anni fa che aveva iniziato la via tutta italiana dei supereroi. Perché? Lo ha spiegato a chiare lettere lui stesso:
A farci decidere di continuare non sono solo stati la risposta e il gradimento del giovane pubblico. Al di là di tutto, avevamo ancora tanto amore per il nostro ragazzo invisibile, volevamo seguirlo ancora nelle sue avventure di adolescente che ha raggiunto i sedici anni, è cresciuto, ha dovuto affrontare la difficoltà di essere uno “speciale” nella vita normale di tutti i giorni.