Tutto il clamore suscitato dal successo de “La grande bellezza”, il trionfo ai Golden Globe e la sua corsa agli Oscar per il premio di Miglior Film Straniero, creano l’occasione giusta per andarsi a rivedere i film più belli di questo straordinario regista italiano.
Foto | VALERY HACHE/AFP/Getty Images
Paolo Sorrentino, classe 1970, napoletano, segni particolari: talento smisurato. Non potrebbe esserci segno più distintivo del talento, per un regista che da quando è apparso sulle scene, ha conosciuto un’ascesa senza arresti e ha collezionato un premio dietro l’altro.
Il grande successo di pubblico e critica arriva nel 2008 con “Il Divo”, pellicola con cui Sorrentino vince il premio della Giuria al Festival di Cannes, si guadagna una nomination agli Oscar per il Miglior Trucco ed ottiene altri numerosi premi nazionali ed internazionali.
In questo film Toni Servillo, interpreta magistralmente i panni di Giulio Andreotti, e si raccontano le vicende vissute dal politico nel periodo a cavallo tra la presentazione del VII Governo Andreotti e l’inizio del maxiprocesso per associazione mafiosa a Palermo.
Ne “Il Divo” aldilà della materia scottante, l’uccisione di Aldo Moro, le correnti della Democrazia Cristiana, Tangentopoli e la mafia, quello che spicca è la maestria con cui Sorrentino utilizza il linguaggio cinematografico. Tutto finalizzato alla realizzazione di un’opera che fa del suo protagonista il simbolo di una riflessione sui mali del nostro Paese.
Anche “Le Conseguenze dell’amore”, film del 2004, fu presentato al Festival di Cannes, stravincendo poi ai David di Donatello e ai Nastri d’argento.
Altro grande film dall’incredibile raffinatezza stilistica soprattutto sul piano visivo, che ancora una volta vede protagonista Tony Servillo, interprete di un ritratto intimo e doloroso di un uomo solo e introverso, che investendo per Cosa Nostra, ha perso un mucchio di soldi, e assieme a questi la sua libertà e di conseguenza la sua vita.
Non c’è spazio per i sentimenti nell’isolamento grigio al quale il commercialista è costretto, nessuno gli fa compagnia nella triste stanza d’albergo a Lugano, se non qualche cinica riflessione, i soldi da “lavare”, l’eroina, le voci di chi sta dall’altra parte della parete. I pochi contatti umani che ha, fanno emergere in Titta Di Girolamo qualcosa di vivo e una timidezza che ci fanno sperare fino alla fine che le cose per lui possano cambiare.
Foto | VALERY HACHE/AFP/Getty Images
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