“Divorzio all’italiana” è il film che rappresenta l’esordio in cabina di regia di Pietro Germi. Un esordio che servendosi della satira passa alla storia come uno dei migliori film del regista e del periodo.
Un esordio che racconta alcune ambiguità proprie dell’articolo 587 del codice penale, che stabiliva strane pene per coloro i quali erano giudicati colpevoli del delitto d’onore. Da tre a sette anni dietro le sbarre. Un codice che, al tempo, stabiliva la mancanza della possibilità del divorzio.
Un ottimo spunto, ben trattato.
Il film racconta le vicende del barone Ferdinando Cefalù, il quale leggermente avanti con gli anni, si invaghisce di una sua cugina giovanissima, Angela.
La donna che gli ha fatto perdere la testa, ha soltanto sedici anni.
Tuttavia, il barone è imprigionato nel matrimonio senza amore che si trascina da più di un decennio con Rosalia.
Il barone Cefalù prova pertanto a servirsi dei vuoti offerti dalla legislazione per rincorrere la sua felicità. Sa che ha un prezzo alto: macchiarsi del suddetto “delitto d’onore”.
Le proverà, però, tutte per riuscirci e per sfuggire ai retaggi culturali di una Sicilia quantomai retrograda. Proverà anche a gettare la moglie Rosalia nelle braccia di un vecchio spasimante.
“Divorzio all’italiana” nel cast gode della presenza di un entusiasmante Marcello Mastroianni.
Un esordio d’autore per Pietro Germi.