Non ci potrebbe essere frase migliore di questa per dare un’idea di quanto è stato tolto al cinema e al teatro italiano con la morte di Masimmo Troisi.
Succedeva 19 anni fa, ad Ostia, e a dire queste parole fu Roberto Benigni in una poesia scritta appositamente per omaggiare l’amico e collega.
Massimo Troisi era nato nel 1953 a San Giorgio a Cremano e proprio il suo essere napoletano gli ha dato quel quid in più, come anche ai suoi colleghi dell’epoca Lello Arena e Enzo Decaro, per passare da una realtà piccola alla scena nazionale.
Una carriera nutrita di tanti lavori, sia al cinema che al teatro, che sarebbe potuta essere una carriera anche di grandissimi successi se i suoi problemi di salute non lo avessero ucciso a soli 41 anni.
Era un personaggio particolare, tanto nella vita quanto sul palco e sul set: timido, introverso, impacciato con le donne, ma un uomo profondo e di grande sensibilità.
Amato e apprezzato anche dai grandi registi italiani, Scola e Torrini, ad esempio, Massimo Troisi ebbe un esordio esplosivo al cinema: era il 1981 e, dopo aver lasciato la compagnia teatrale La Smorfia, debutta al cinema come regista, sceneggiatore e protagonista di Ricomincio da tre.
Quattro film in quattro anni, poi un po’ di pausa. Di questa prima parte della sua carriera non si può non ricordare Non ci resta che piangere, il film co-diretto e co-interpretato con Roberto Benigni nel 1984.
Altri due film, ma in tempi molto più lunghi e poi arriva Il Postino. Il film, del quale Massimo Troisi, oltre ad esserne l’interprete, è anche degli sceneggiatori, lo consacra a livello internazionale: Il Postino riceve 5 nomination agli Oscar, tra le quali anche quella per la sceneggiatura non originale e il Miglior Attore Protagonista.
E, come se girare Il Postino fosse stata la realizzazione di un sogno, Massimo ha deciso di continuare a viverlo e di non svegliarsi più.