Sarà nelle sale italiane a partire da questa sera il docu-film di Fausto Caviglia e Barbara Bernardi Ciao Italia – Storie di Italiani a Berlino.
Un documentario che sembra essere il degno seguito di Italy: Love it, or Leave It, documentario girato dalla copia di registi Gustav Hofer e Luca Ragazzi, che, però, affronta il problema dal lato opposto. Infatti, se nel doc di Hofer e Ragazzi il tema portante è quello della scelta se lasciare l’Italia per trasferirsi altrove in cerca di fortuna, qui, in Ciao Italia, si parla di coloro che questa scelta l’hanno già fatta e sono già lontani dalla loro terra.
Ma le differenze tra le due opere non finiscono qui, Hofer e Ragazzi si confrontano con giovani creativi che espatriano in cerca di nuove strade espressive per la loro arte, mentre Caviglia e Bernardi focalizzano la loro attenzione sulle famiglie che si sono trasferite nella capitale tedesca, non per una scelta dettata dal desiderio di una nuova sfida, ma per questioni puramente pratiche, come possono essere solo quelle dettate dalla famiglia.
Abbiamo volutamente evitato di coinvolgere e di incontrare giovani che per sfida, per voglia di conoscere o per trovare un lavoro decidono di lasciare un paese e tentare a Berlino. Ci interessavano, invece, persone che avevano rischiato una certa stabilità raggiunta, perché non riuscivano più a sopportare il modo di gestire sia le cose piccole che le cose grandi in Italia. Un modo che, per esempio, a detta di tutti i nostri protagonisti, non rispetta e non riconosce i diritti minimi dei cittadini.
Ed è proprio in questo che Ciao Italia trova il suo punto di forza e, allo stesso tempo, la sua maggiore debolezza.
Perché se da un lato sarebbe stato molto interessante indagare l’emigrazione delle famiglie ‘borghesi’ italiane in terra tedesca, l’angolazione scelta dai due registi è parziale e limita tutte le potenzialità insite nell’argomento. Per non dire che l’analisi -che ci si aspetta da un documentario- si traduce nell’ennesima proposizione di stereotipi (Germania precisa, efficiente, pulita contro l’Italia brutta, sporca e cattiva) in cui i problemi reali -ribadisco che si tratta di un documentario- non sono affrontati.
Sicuramente il racconto fatto da coloro che sono stati coinvolti dai registi ha degli aspetti interessanti, ma mancano le basi sociali per creare, a partire dalle tematiche trattate, un vero e proprio documentario analitico che dovrebbe, se non dare delle risposte, almeno sollevare degli interrogativi. Purtroppo, in Ciao Italia, manca sia l’uno che l’altro.