Il prossimo 6 dicembre esce nei cinema il drammatico Vorrei vederti ballare diretto da Nicola Deorsola e interpretato da Paola Barale, Chiara Chiti, Giuliana De Sio, Giulio Forges Davanzati, Alessandro Haber, Luis Molteni, Stefano Santospago e Gianmarco Tognazzi. Dopo il salto vi proponiamo le note di regia e produzione del film.
NOTE DI REGIA
“Vorrei vederti ballare”, nasce dal desiderio di raccontare il sentimento umano più immediato e più profondo, ma per questo spesso criptico e irrazionale: l’amore. Il film pretende anche di raccontarlo rendendogli giustizia; si analizza e si scopre una relazione fortissima che si dipana in modo limpido e chiaro; è una vicenda piena di meraviglia, ingenuità e pazzia: pilastri fondamentali delle grandi storie d’amore.
Questa storia ha il colore preciso della nostra epoca, è una storia di tenerezza, dove però la crudezza del linguaggio non è che il pudore dei sentimenti. Se si vuole parlare di amore e di famiglia nel 2012, se si vuole inquadrare un tema così universale e dunque vago lo si deve imprigionare, necessariamente, in delle coordinate precise che lo rendano comprensibile e godibile a tutti. E’ stata dunque una necessità inserire la storia d’amore e il rapporto genitori-figli – i due temi portanti del film – in un tessuto di vita vera, in una società-tipo contemporanea, con tutti i suoi problemi, dove assistiamo allo sgretolamento della famiglia, al crollo delle certezze, al male del secolo: quello psicologico.
Nel film, infatti, si affrontano, per arrivare al fulcro, temi satelliti, ma non per questo meno importanti: la psicanalisi, l’anoressia, la formazione universitaria in un orizzonte di precarietà; non si voglia vedere, però, nel non-approfondimento di queste tematiche una leggerezza che non sarebbe senz’altro corretta, onesta. Tali tematiche non vengono sviscerate fino in fondo per una fondamentale motivazione narrativa, ossia della tipologia del film: “Vorrei Vederti Ballare” nasce come commedia sentimentale e tale deve rimanere, è con l’amore che deve colpire, tutto il resto serve a dare quel gusto, ormai raro, di vero. Serve, come ho detto, a calare nella realtà, a rendere più facile l’immedesimazione dello spettatore e a non trattare la storia d’amore in modo superficiale e falsamente idilliaco.
Queste macchie di realismo, infine, hanno il potere di alimentare un amore autentico, un amore visto come meta e, al contempo, rifugio, di due ventenni dalla vita turbolenta. Un altro nodo fondamentale delle regia e, ancora prima, della sceneggiatura di Giuseppe Fulcheri, è l’ironia. Trattare e immettere l’ironia nella storia era un’ardua impresa: sia per la vastità di tale aspetto, vasto quanto l’Amore, sia per il contrasto -a volte- violento che poteva avere con le difficili situazioni familiari di Martino e Ilaria. Nonostante questo mi è sembrata dall’inizio un’operazione necessaria e grazie all’aiuto di un cast di cui, davvero, non si può che essere fieri, ha aggiunto poesia e non finta teatralità alla storia. A personaggi piatti e stereotipati abbiamo cercato di contrapporre, con un lavoro di ricerca in preparazione e con un grande sforzo artistico degli attori durante le riprese, dei soggetti tridimensionali e “credibilmente anomali”: cosa meglio di un ossimoro, infatti, può rendere l’idea di Giusy, la cassiera/attrice-fallita che gestisce un cinema sempre vuoto o di Gastone, l’eccentrico giocatore d’azzardo?
La gestazione di questo film è stata a sua volta una lunghissima storia, l’idea mi è venuta ormai cinque anni fa, poi ci sono state le riprese nell’affascinante Calabria, un luogo trattato quasi sempre (e anche giustamente) dal “punto di vista mafia” ma che, invece, nel mio caso, ha saputo donarmi un’enorme quantità di fascino e affetto. Il film non vuole risultare pretenzioso, ma sembra voler fare -almeno così mi sembra, avendolo visto e rivisto tante volte- della leggerezza il suo valore più alto e dell’eleganza (morale) dei due giovani il suo vanto. (Nicola Deorsola)
NOTE DI PRODUZIONE
Piazza Mazzini, a Roma, cinque anni fa. Avevo appena finito la prima stesura della sceneggiatura di “Vorrei vederti ballare” e la consegno nella mani di Nicola Deorsola, mio amico storico appassionato di cinema in attesa di debutto da regista. Mi ero detto, chi meglio di un amico sincero e disinteressato può dirmi onestamente se quelle pagine potrebbero diventare un film? Dopo qualche giorno Nicola mi dice che l’idea gli sembra molto interessante. Davvero? Gli ripeto un po’ sorpreso. Sì, mi risponde lui. Si parte. La prima cosa, i fondi per realizzare il film. Già dall’inizio capiamo che non sarebbe stato facile: chi nemmeno legge la sceneggiatura, chi la legge e ci rimanda di volta in volta un incontro, insomma, si cominciano a delineare i contorni di un’impresa quasi impossibile.
Non ci arrendiamo e, dopo un anno, arriva la risposta di Rai Cinema intenzionata a pre acquistare i diritti della sceneggiatura. I soldi che ci danno, pur avendo fatto un piano di produzione a bassissimo budget, non bastano. Bisogna trovarne altri. I mesi passano e nulla. Tutti ne parlano bene ma nessuno vuole investire un euro. Poi una sera l’incontro con Jole Santelli, un deputato della Repubblica. Ci dice che da tempo sta cercando una storia da ambientare nella sua terra, la Calabria. Io le rispondo che la nostra storia sarebbe stata perfetta per quella regione. Nicola mi da del matto: “Non girerò mai il mio primo film in Calabria!”. Riesco a convincerlo. In Calabria troviamo il supporto che ci mancava: l’ospitalità del Comune di Cosenza, il sostegno della Regione attraverso la Film Commission Calabria, il contributo della Provincia di Cosenza, della Fondazione Carical e dei Parchi Nazionali del Pollino e della Sila. Siamo stati davvero accolti a braccia aperte, tanto che ho lasciato un pezzo del mio cuore in quel territorio. Via allora con le riprese.
Cinque settimane che poi diventano sei. Il film è finito, è pronto. Ora bisogna distribuirlo. Già, distribuirlo. L’odissea vissuta nel cercare i fondi per realizzarlo era quasi un ricordo lontano e, credendo fortemente nel prodotto che avevamo confezionato pur con piccole risorse, mai avrei immaginato che sarebbe stato altrettanto difficile, se non anche di più, distribuirlo. Gran complimenti di qua, congratulazioni di là, ma alla fine tutti ci chiedevano soldi o garanzie. I diritti televisivi, che ho capito essere l’arma di scambio più usata, li avevo ceduti alla Rai, e soldi non ce n’erano più. Proiezioni continue. Avremo visto il film centinaia di volte, ma neanche l’ombra di un concreto distributore. Poi la musica, il “luogo” da cui provengo, mi ha fatto un regalo. Giovanni Marolla, che con la Warner Chappel ha prodotto la colonna sonora del film e che si è dimostrato fin da subito fervido sostenitore dello stesso, ne parla e lo fa vedere a Microcinema ed ecco che si compie l’ultimo miracolo: vogliono distribuirlo e non ci chiedono un euro.
In questi giorni che precedono l’uscita l’emozione è crescente. Sono stati cinque anni pieni di difficoltà ma se penso al giorno in cui mi è saltato in mente di mettermi a scrivere questa storia e di coinvolgere il mio amico Nicola, che peraltro ha svolto un lavoro da regista encomiabile, e al fatto che a breve questa storia sarà sul grande schermo, bene, tutte le difficoltà passate svaniscono in un istante. Insomma, caro mio “Vorrei vederti ballare”, benvenuto al cinema!. (Giuseppe Fulcheri)