Giuseppe Tornatore parla di Leningrad, il colossal da 100 milioni di dollari incentrato sull’assedio nazista alla città russa, che dirigerà prossimamente, in un’intervista rilasciata a Il Corriere della sera:
Dovremmo iniziare l’anno prossimo [a girare]. Il condizionale è d’obbligo vista la lunghissima gestazione del film. La prima volta che me lo proposero, nel ’93 ebbi paura. Pensai a Sergio Leone, morto prima di realizzarlo. Rifiutai anche una seconda volta. La terza dissi sì. Per cinque anni, dal 2000 al 2005 lavorai solo a quello, anche se dopo tutto si fermò, Mi trasferii a San Pietroburgo, andai a frugare negli archivi, consultai materiali inediti, parlai con i sopravvissuti. Mi innamorai di quella storia tragica e straordinaria: tre milioni e mezzo di cittadini pronti a perire di fame e stenti pur di non arrendersi. Un milione morì, ma la città vinse.
Il cineasta si permette anche una riflessione sul futuro delle sale cinematografiche:
La sala cinematografica è in via di sparizione. Un dolore inevitabile per chi come me ha tanto amato quel mondo. Ma non mi impedisce di riconoscere che quello che arriverà non ci deluderà. La sala è stata un’esperienza straordinaria e nessun’altra potrà emularla. Però è vero che negli ultimi anni me ne sono disamorato. Troppo scadente la qualità tecnica delle proiezioni. Vedere un film “a fuco” è diventato sempre più raro. E se un tempo potevi andarti a lamentare con il proiezionista, adesso in cabina non c’è più nessuno, tutto va in automatico.