Sono passati venticinque anni da quando Steno, nome d’arte del regista Stefano Vanzina, ci ha lasciati. Regista e sceneggiatore particolarmente prolifico, la sua è stata una figura molto influente nel cinema italiano, anche se spesso non ne viene riconosciuta la portata.
Steno, romano, classe 1915, ha iniziato la sua lunga carriera con un diploma di scenografia all’Accademia di Belle Arti, per poi proseguire come disegnatore di fumetti e caricature alla Tribuna Illustrata e, successivamente, per il celebre giornale umoristico Marc’Aurelio, una redazione che ha dato vita ai più grandi del cinema italiano del dopoguerra.
E’ in questa redazione che Stefano Vanzina decide che le sue opere saranno firmate con uno pseudonimo, Steno, appunto, che lo accompagnerà per tutta la sua carriera.
I suoi film vivevano dei tanti personaggi minori. Era la sua specialità, lo “Steno Touch”, il gusto di azzeccare i caratteri laterali come il sommo Mario Carotenuto di Febbre da cavallo.
Mio padre era un uomo semplice e gentile, legato per tutta la vita al successo o all’insuccesso dei film da autentico e puro metteur en scene, che però era in realtà molto più colto del cinema che faceva, era un finissimo intellettuale.
così lo ricorda Enrico, uno dei due suoi figli. Insieme a Carlo, l’altro figlio di Steno, sono cresciuti sotto lo sguardo di un padre che ha fatto della comicità una ragione di vita e sulla quale ha imperniato tutti i suoi film. Tanti, tantissimi, che hanno visto nei vari cast la presenza di praticamente tutti gli attori comici italiani, da Totò, probabilmente il suo prediletto, passando per Alberto Sordi, Aldo Fabrizi, Renato Rascel, le coppie Tognazzi-Vianello e Franchi-Ingrassia, Johnny Dorelli, Lando Buzzanca, Gigi Proietti, Enrico Montesano, Renato Pozzetto, Paolo Villaggio e Diego Abatantuono.
Un’altra qualità fondamentale dei film di Steno sono le donne che li hanno popolati: Marisa Allasio, Sylva Koscina, Edwige Fenech, Brigitte Bardot, Gloria Swanson, Ornella Muti e moltissime altre.
La sua vita artistica è stata segnata da una lunga collaborazione con un altro mostro sacro del cinema italiano: Mario Monicelli, che lo ha accompagnato per le prime sceneggiature fino a che Steno, nel 1952, firma la sua prima opera in solitaria. Si tratta di Totò a colori, film che apre le porte del successo, primo di una lunghissima serie di pellicole che approda, negli anni 80, alla televisione.
Così Mario Monicelli, sul cinema che loro hanno rappresentato e su una generazione di cineasti che ne ha cambiato le sorti:
Siamo stati una generazione, lasciatemelo dire, straordinaria. Piacevole, legatissima e mai in competizione, sempre generosa e senza gelosie. Ma non c’è più nessuno.