11 settembre 1683, un kolossal mancato

Renzo Martinelli, tra i più discussi autori del cinema italiano, sia per le sue simpatie politiche più che note che per il suo gusto filmico, porta al cinema, come dice anche la locandina stessa, un altro 11 settembre. Stiamo parlando dell’ 11 settembre 1683, il giorno in cui l’Europa riuscì a sconfiggere l’esercito turco in marcia verso Roma e a salvarsi, così, dall’islamizzazione di massa.

Parlare di un film di Renzo Martinelli significa sempre andare a toccare dei nervi scoperti della storia dell’umanità, e anche questa volta l’argomento si presta.

 

Le intenzioni del regista Enzo Martinelli, anche co-sceneggiatore della pellicola insieme a Valerio Massimo Manfredi, era quelle di restituire al pubblico, coma anche già fatto in altre pellicole come Barbarossa, un grande kolossal che facesse luce su di una vicenda, sconosciuta a molti, la cui conoscenza è però essenziale per capire i fatti storici più attuali.

Qui si parla dell’11 settembre, una data fin troppo famigliare, che fa tornare alla mente momenti di orrore e paura, ma siamo nel XVII secolo, esattamente nel 1683, quando l’esercito dell’Impero Ottomano, al momento della sua massima espansione, cerca la via per arrivare a Roma e trasformare la Basilica di San Pietro, simbolo universale della cristianità, in una moschea e dare vita così alla definitiva islamizzazione dell’Europa.

Una storia difficile da raccontare. Ma quando i finanziamenti sono cospicui come quelli che sono arrivati a Renzo Martinelli, ci si aspetta che il risultato sia più che perfetto, sotto tutti i punti di vista. E, invece, non è così.

I motivi sono tanti. Quello che balza subito agli occhi è sicuramente la scarsissima qualità degli effetti speciali, quelli che dovevano essere uno dei punti di forza di 11 settembre 1683. Poca qualità delle ricostruzioni che si accompagna anche ad un massiccio uso dello slow motion che non alleggerisce la sensazione di straniamento e finzione.

Inoltre, a dispetto della collaborazione di uno storico famoso ed esperto quale è Valerio Massimo Manfredi, c’è da notare che anche la sceneggiatura ha più di un difetto.

Una mancanza di analisi storica approfondita, che permetta allo spettatore di comprendere i fatti e gli intrighi del momento storico narrato, tra i più importanti della storia dell’Europa, che si risolve nella pellicola in un rigido dualismo tra ciò che è buono e ciò che è sbagliato, banalizzando, inoltre, dialoghi e personaggi.

 

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